IL COMMENTO post LECCO-PROPATRIA

A inizio campionato nessuno aveva chiesto la luna. Dopo la grande delusione, seguita dal grande esodo di gente che ha comunque regalato spettacolo e calcio come mai si era visto allo Speroni, nessuno ha osato chiedere nell’immediato che venisse allestita una squadra di funamboli capace di giocare meglio dei predecessori e di uccidere il campionato. Nessuno ha schiacciato la squadra sotto il peso della responsabilità di giocare alla grande e vincere subito. Nemmeno dopo la scellerata partenza di campionato, il bonus concesso dalla gente è stato azzerato. Se qualche fischio è partito dagli spalti ha sempre avuto la legittimità di prove al limite della decenza calcistica. Tutti hanno concesso un ulteriore credito, basandosi sul fatto che il gruppo era profondamente rinnovato e che necessitava di qualche settimana per trovare la quadratura del cerchio. Se col Benevento il rigore generoso ha fatto da parafulmine, il modesto Lecco, con un Marconi che ricorderà a lungo questa domenica di gloria, ha ribadito concetti chiari, seppur difficili da accettare. Inutile gettare la croce addosso a Cosco, che ha cercato di nascondere la cifra (piuttosto bassa) di questo gruppo puntando più sulla psicologia che sulla tattica, più sui nervi che sulla tecnica. La società? E’ chiaro ha le sue colpe. E’ anche vero però che in qualche modo ha tentato di raddrizzare la situazione. L’arrivo di Baù è stato benedetto da tutti. Peccato che il giocatore abbia tradito le attese sotto ogni punto di vista. I giocatori? Loro sono i più responsabili. Alle voci corsa, sudore e sacrificio ben pochi rispondono all’appello. D’accordo chi ha scelto Ripa può aver preso un abbaglio scambiando un giocatore mediocre per un fenomeno. Ma che colpa può avere se il “ragno campagnolo” venuto da Sorrento sbaglia gol già fatti? Loro sono quelli che vanno in campo e che, oltre che le gambe, dovrebbero metterci la testa. Se uno prende Baù, gli dici bravo. Poi però non puoi cambiare idea se l’ex padovano in campo sembra un cadavere in cerca di sepoltura, se non salta mai l’uomo e se ha pure dimenticato come si calciano corner e punizioni. E così via con Rinaldi, che sembra il capo della “banda del buco”; con gli Svarowski Passiglia e Cristiano; con Serafini che ha impiegato un intero girone per capire che sta in una categoria dove è meglio la clava del fioretto. Per non parlare di Melara (ingiustificabile la sua esplosione nella gara col Benevento). Gli sbagli, se commessi in buona fede, si perdonano. Quel che non si può più sopportare è l’atteggiamento in campo di alcuni presunti fenomeni. NA inizio campionato nessuno aveva chiesto la luna. Dopo la grande delusione, seguita dal grande esodo di gente che ha comunque regalato spettacolo e calcio come mai si era visto allo Speroni, nessuno ha osato chiedere nell’immediato che venisse allestita una squadra di funamboli capace di giocare meglio dei predecessori e di uccidere il campionato. Nessuno ha schiacciato la squadra sotto il peso della responsabilità di giocare alla grande e vincere subito. Nemmeno dopo la scellerata partenza di campionato, il bonus concesso dalla gente è stato azzerato. Se qualche fischio è partito dagli spalti ha sempre avuto la legittimità di prove al limite della decenza calcistica. Tutti hanno concesso un ulteriore credito, basandosi sul fatto che il gruppo era profondamente rinnovato e che necessitava di qualche settimana per trovare la quadratura del cerchio. Se col Benevento il rigore generoso ha fatto da parafulmine, il modesto Lecco, con un Marconi che ricorderà a lungo questa domenica di gloria, ha ribadito concetti chiari, seppur difficili da accettare. Inutile gettare la croce addosso a Cosco, che ha cercato di nascondere la cifra (piuttosto bassa) di questo gruppo puntando più sulla psicologia che sulla tattica, più sui nervi che sulla tecnica. La società? E’ chiaro ha le sue colpe. E’ anche vero però che in qualche modo ha tentato di raddrizzare la situazione. L’arrivo di Baù è stato benedetto da tutti. Peccato che il giocatore abbia tradito le attese sotto ogni punto di vista. I giocatori? Loro sono i più responsabili. Alle voci corsa, sudore e sacrificio ben pochi rispondono all’appello. D’accordo chi ha scelto Ripa può aver preso un abbaglio scambiando un giocatore mediocre per un fenomeno. Ma che colpa può avere se il “ragno campagnolo” venuto da Sorrento sbaglia gol già fatti? Loro sono quelli che vanno in campo e che, oltre che le gambe, dovrebbero metterci la testa. Se uno prende Baù, gli dici bravo. Poi però non puoi cambiare idea se l’ex padovano in campo sembra un cadavere in cerca di sepoltura, se non salta mai l’uomo e se ha pure dimenticato come si calciano corner e punizioni. E così via con Rinaldi, che sembra il capo della “banda del buco”; con gli Svarowski Passiglia e Cristiano; con Serafini che ha impiegato un intero girone per capire che sta in una categoria dove è meglio la clava del fioretto. Per non parlare di Melara (ingiustificabile la sua esplosione nella gara col Benevento). Gli sbagli, se commessi in buona fede, si perdonano. Quel che non si può più sopportare è l’atteggiamento in campo di alcuni presunti fenomeni. Non si può più accettare gente che cammina, che non va a cercare la palla, che non scatta, che gioca con superficialità. Scarsi, va bene, ma qual che serve sono cuore e polmoni. La paura? Balle, qua c’è gente non certo di primo pelo e che non difetta di esperienza. Infatti, guarda caso, in campo vivacchiano e poi diventano bravissimi quando devono passare a incassare la mensilità.on si può più accettare gente che cammina, che non va a cercare la palla, che non scatta, che gioca con superficialità. Scarsi, va bene, ma qual che serve sono cuore e polmoni. La paura? Balle, qua c’è gente non certo di primo pelo e che non difetta di esperienza. Infatti, guarda caso, in campo vivacchiano e poi diventano bravissimi quando devono passare a incassare la mensilità.

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Marcello Montanari 4° allenatore Pro Patria 2014/15

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